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LA MASCHERA DEL GENDER

Cattedrale aperta, per cercare di capire

articolo gender2Ha la maschera, il gender. Anche perché nessuno lo conosce veramente. Sfugge, anche a se stesso, eppure quasi nessuno osa più metterlo in discussione. Presidi insegnanti genitori parlamenti e governi. Disegni di legge, corsi nelle scuole, dai nidi ai licei, proposte e programmi e lezioni. Con la maschera della lotta alle discriminazioni che sono sacrosante e chi osa dire no, mio figlio non deve partecipare. O delle battaglie per i diritti. O educazione alla sessualità, il cui limite un tempo era quello di banalizzare l'educazione all'affettività circoscrivendo incontri e lezioni alla biologia e alla fisiologia della riproduzione: ma erano rose e fiori, rispetto a questo. "Gender è una strategia sovranazionale" ha spiegato un neuroscienziato a Genova, in uno degli incontri di Cattedrale aperta del cardinal Bagnasco, una strategia da intendersi come"una riedizione della lotta per il potere, il piacere, il possesso. E' la tentazione dell'uomo: ad autodeterminarsi, autoimporsi, auto redimersi, al posto di Dio". Una teoria che è andata avanti nei documenti ufficiali, negli atti amministrativi, nel mondo della comunicazione, in modo quasi subliminale: ora non può più essere messo in discussione. articolo gender1La maggioranza silenziosa non lo conosce che vagamente, ma ormai è entrato nella testa delle persone. Eppure: "è una forma di governance che supera i governi, non deve rispondere a nessuno, non ha un riferimento territoriale e popolare, ma ha un potere economico e massmediatico eccezionale", ha spiegato il professor Massimo Gandolfini, neurochirurgo, direttore del Dipartimento di Neuroscienze della Fondazione Poliambulanza di Brescia e vicepresidente nazionale di Scienza&Vita, davanti a una cattedrale piena di gente desiderosa di capire, nonostante condizioni meteo di quelle che a Genova ormai fanno restare con il fiato sospeso. Fiato sospeso nell'uditorio di genitori, educatori, nonni e giovani, anche per parole che esprimevano un pensiero che teorizza "una pansessualità senza ostacoli contro la tirannia della famiglia biologica, che va spezzata". Detta così, quanti genitori gradirebbero un'immersione addirittura scolastica dei loro figli in una teoria simile? Ma non è tutto. Un po' di storia, per capire: dalla sua comparsa in un laboratorio di scienze umane intorno agli anni '50, rinforzato nella rivoluzione femminista anni '70, fino a imporsi nell'ambito dell' Organizzazione delle Nazioni Unite. O addirittura andando ancora a ritroso per ritrovarne le radici nel deismo del diciottesimo secolo, nella Rivoluzione francese, fino a Jean-Jacques Rousseau con il suo diritto alla libera scelta e a Freud, che "cantando il requiem" della figura del padre ha spiegato che proprio attraverso la morte della figura paterna passa la liberazione sessuale. Ed è probabilmente proprio da attribuire a Freud il primo uso del termine"gender identity", inteso come "appartenenza sessuale, ma che non corrisponde al comportamento di genere". E sia ben chiaro: qui non si tratta del tema dell'omosessualità, ma di qualcosa che va ben oltre. "Il gender- spiega il professor Gandolfini- attacca l'identità costitutiva di uomo e donna come persona, in una sorta di decostruzione, che alla persona umana sostituisce l' individuo, cittadino e liberato da ciò che è per natura, al punto da potersi autodeterminare nella percezione di sé, e che trasforma ogni forma di desiderio in un diritto, che deve essere riconosciuto o tutelato." Negli anni '50 e '60 il sessuologo John Money aveva fondato presso l'università di Baltimora una clinica di rassegnazione del sesso per persone che "non si percepivano" soddisfatti del proprio corpo: a lui si deve il famoso caso tragico di riassegnazione di sesso diverso a un neonato, che con il fratello gemello finì suicida dopo un'adolescenza di sofferenza. Isole di sperimentazione, anche se inserite in un indirizzo filosofico già ben strutturato: alla Sorbona nel '68 il movimento femminista si affacciò all'esistenzialismo ateo con Sartre e Marcuse, con il passaggio dalla liberazione dell'individuo dall'in sé per diventare per sé, alla liberazione della donna dal matrimonio e dalla maternità, secondo Simone de Beauvoir all'origine della dipendenza della donna. "Il cavallo di Troia- spiega Gandolfini- è stato il principio della parità tra i sessi, affrontata come potere e diritto e non come dignità": il femminismo che parte come emancipativo ed egualitario prende la strada della lotta per la liberazione della donna. E' ben evidente, a questo punto della trattazione del neuro scienziato, il punto critico che separa la consapevolezza della dignità di un ruolo, che accomuna le donne di tutto il mondo, più o meno impegnate a rivendicarla per sé, dall'estremizzazione che porta alla liberazione dall'uomo fino al lesbismo inteso come frontiera di liberazione totale. Judith Butler, femminista lesbica fautrice del femminismo radicale, proponeva negli anni '90 l'ideologia della "non identità" all'interno di una società globale fluida e liquida, senza nessun punto fisso di riferimento. L'acronimo lgbt ( lesbiche, gay, bisessuali, transessuali) che rappresenta quel gender pensato per rompere l'unità ontologica, in cui ha valore solo l'autodeterminazione, a questo punto deve aggiungersi qualcosa, perchè la libertà di scelta, come spiega Gandolfini, per essere tale, deve essere costantemente modificabile. Compare una q, aggiunta alle quattro lettere: q come queer, strano, variabile, modificabile. E' il movimento queer, macchine da guerra per demolire le regole convenzionali, attraverso l'autodeterminarsi ma anche l'autodefinirsi, in un divenire fluido dell'uomo senza una meta. Sembra la storia di un pensiero di nicchia, riservato a pochi, e invece: 1995, Conferenza di Pechino sui diritti della donna: il termine gender entra con pari diritti accanto alle parole uomo e donna, ma gender viene pronunciato 272 volte, uomini e donne 39. "E' un'ondata ideologica pervasiva a livello mondiale- sostiene Gandolfini- e nessun governo si fin'ora dimostrato capace di far fronte a questo." Senato della Repubblica italiana, gennaio 2015: in Commissione Giustizia è in esame un disegno di legge che ha per titolo :"Per l'introduzione dell'educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e delle università". Si tratta di uno dei più grandi tentativi di trasformazione morale e sociale di tutti i tempi: papa Benedetto XVI definiva l'ideologia di genere come "la più grande sfida", e papa Francesco la considera "colonizzazione ideologica", secondo le sue recentissime parole. Nella Prolusione al Consiglio permanente della Cei del marzo 2014 il cardinale Angelo Bagnasco diceva:"La lettura ideologica del "genere", una vera dittatura, che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l'identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei "campi di rieducazione", di "indottrinamento". Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l'esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c'è autorità che tenga». Occorre il risveglio della coscienza, della ragione, e della fede, ha commentato il professor Gandolfini, per affermare con forza la verità, al di là delle maschere.

Scritto da Daniela Ghia

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